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Graziano_69

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   il giardino degli allori CAMPO CALABRO (RC)

Siamo stati invitati da amici a provare questo ristorante che non conoscevamo perché non siamo molto pratici del luogo; intanto devo dire che è stato molto facile raggiungerlo, infatti con le poche indicazioni forniteci non abbiamo avuto alcuna difficoltà.

Si lascia l’autostrada A3 all’uscita di Campo Calabro e si percorre tutto lo svincolo, è lungo ed attraversa una zona industriale ma dopo un paio di chilometri si giunge all’abitato in corrispondenza di un incrocio a T (l’unico perciò è impossibile sbagliare) quindi si svolta a sinistra sulla strada principale di cui non ricordo il nome e proseguendo sempre dritto per circa 1 km si supera la piazza principale dove c’è la chiesa e si arriva ad una piazzetta dove sulla destra c’è un distributore di benzina dell’AGIP. Il ristorante è la prima proprietà sulla via Sant’Angelo, che inizia appunto a destra di quella piazzetta accanto al distributore, da cui è già ben visibile l’insegna con il nome.

Il ristorante è in una villa, si entra passando per un cancello pedonale e si attraversa un bel vialetto che costeggia il giardino, pochi passi e si arriva all’ingresso. Un giovane ci viene incontro sorridente e ci invita scegliere un tavolo, l’accoglienza è cordiale ma non affettata. L’ambiente è al tempo stesso rustico e raffinato, un bel tetto con capriate in legno a vista fa da copertura per delle grandi vetrate che si affacciano sul giardino; gli arredi in legno e molti dettagli di gusto, inclusi alcuni cimeli ed utensili legati alla vita agreste ed al lavoro nei campi, infondono una piacevole sensazione di confidenza e familiarità. Io e mia moglie ci siamo soffermati lungamente ad ammirare la grande stampa a parete di una vecchia foto, non saprei datarla ma credo possa riferirsi ai primi del 900, in cui è ritratta una famiglia calabrese di padre, madre e 12 figli, e trovo quasi commovente osservare quelle persone dignitosamente in posa per la fotografia nei loro cenci logori e senza scarpe, ad eccezione dei genitori e dei fratelli grandi più fortunati.

Non era presente un menù stampato e personalmente non ne sento la mancanza anzi secondo me è anche meglio, però non sono in grado di riportare con esattezza i nomi delle pietanze.

Abbiamo iniziato con l’antipasto della casa, io e mia moglie ne abbiamo diviso uno a metà; per fortuna perché era davvero abbondante e non avrei gustato il resto della cena. L’antipasto era davvero vario con alcuni fritti, ricordo che c’era una polpetta di melanzana, una di carne, un piccolo arancino di riso, una frittella con lo scalogno tutti belli caldi ed asciutti, una caponatina molto buona bella colorata (cosa fondamentale!!!) di rosso vivo e verde. C’erano anche un piccolo panzerotto con la pancetta cotto nel forno a legna; una patata al forno condita con sale, olio, origano e peperoncino; alcune cipolle in agrodolce condite con una riduzione di aceto balsamico; due ricottine di pecora profumatissime; alcune fettine di salame artigianale molto buono; una manciata di olive schiacciate e condite belle consistenti, si capisce che non sono quelle comprate ma le fanno loro; un piatto con del pane tostato caldo e condito con sale, origano ed un olio di oliva profumatissimo; due piccoli involtini di zucchina ed un pomodorino ripieno. Dell’antipasto non ricordo altro ma certamente mi sono dimenticato qualcosa.

Come primo piatto abbiamo scelto due cose diverse per scambiarci reciprocamente mezzo piatto come facciamo spesso con mia moglie; io ho preso i “cappelli del prete” con i broccoli, una pasta fresca che fanno loro cavata a mano (ricordano le orecchiette ma sono più spesse e consistenti) e mi è piaciuta veramente tanto un piatto semplice e molto ben eseguito con dei broccoletti buonissimi, leggermente piccante; mia mogli invece ha preso i paccheri credo “alla calabrese”, erano veramente ottimi nella loro semplicità, dei paccheri di buonissima fattura cotti al dente e conditi con una semplice salsa di pomodoro con olio, aglio e peperoncino, la zucchina fritta e delle scagliette di ricotta salata.

Il secondo l’ho preso soltanto io, tra 6 o 7 proposte ho scelto lo stinco di maiale cotto nel forno a legna e devo dire che era veramente enorme tanto che per me sarebbe stato un eccellente piatto unico, quando l’ho visto mi sono spaventato e per finirlo ho dovuto sacrificare lo spazio che avevo destinato al dolce ma ne è valsa la pena perché era squisito. La carne era cotta alla perfezione, tenerissima e saporita ed aveva a contorno dei funghi porcini dell’Aspromonte che quasi mi scendevano le lacrime da quanto erano buoni mentre li mangiavo. In seguito il proprietario/chef mi detto in tono scherzoso che era meglio non abituarsi troppo a quei funghi perché li aveva raccolti lui stesso il giorno prima e che li propone soltanto occasionalmente quando ha quelli freschi locali, in quanto si rifiuta di usare quelli coltivati.

Mia moglie non beve quindi non potendo scolarmi una bottiglia da solo ho chiesto se avevano del vino da proporre che non fosse quello della casa (anche se ero già stato informato che quello che servono è ottimo) e mi hanno proposto un bicchiere di un onesto Nero d’Avola che non conoscevo “Alcalà di Terre Del Parnaso” l’ho apprezzato particolarmente e l’hanno pure servito in bel calice ampio da degustazione.

L’essere pieno non mi ha comunque impedito di assaggiare due cucchiaini del tartufo gelato artigianale al pistacchio di mia moglie, veramente ottimo servito non ghiacciato come spesso avviene e soprattutto con un bel gusto di vero pistacchio.

Ho concluso con una ottima grappa barrique ma non so dire quale fosse, il tutto per il modico prezzo di 48,00€ spesi benissimo fino all’ultimo centesimo e ci vediamo la settimana prossima per provare gli altri secondi…

Ambiente:
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